domenica 10 dicembre 2017

Oltre le alici, la colatura




Nel 1700 i monaci che vivevano a Cetara, ridente paesino della costiera amalfitana, trovarono nella loro dispensa un terzigno dimenticato da qualche anno, pieno di alici sotto sale, pesce che abitualmente i pescatori della zona donavano ai monaci e che loro conservavano in questo modo per l'inverno. Invece che buttare tutto il contenuto, assaggiarono il liquido che si era formato in superficie e scoprirono un prodotto saporitissimo, molto profumato ed estremamente gustoso, con il quale cominciarono ad insaporire le pietanze.


L'affascinante storia della colatura di alici è cominciata così. Da allora praticamente nulla è cambiato. Il procedimento è rimasto sempre quello che involontariamente i monaci avevano inventato.
Servono le alici di piccola pezzatura che vengono pescate nel golfo di Cetara, dove il fondali sono profondi e l'acqua è molto salata. Le alici vengono private della testa ed eviscerate, tutto rigorosamente a mano e vengono lasciate per 24 ore nel sale in catini di plastica, in modo da farle perdere tutta l'acqua che contengono. Si passa poi alla vera fase della salatura. Le alici vengono posate a strati alternati al sale, disposte in modo da formare una fitta trama, nel terzigno, piccola botte di legno così chiamata per essere l'equivalente di un terzo di una botte, fino a riempirla completamente. In un terzigno ci stanno circa venticinque chili di pesce. L'ultimo strato di pesce è la firma del salatore che si riconosce dal modo in cui vengono posate le alici. Ogni salatore ha la propria. Si finisce il terzigno con una copiosa mano di sale, sulla quale viene appoggiato un coperchio di legno,  il "tompagno" sul quale viene posata una pietra marinara che fa da peso. Il pesce, che ha perso tutta l'acqua nella prima fase di lavorazione, si macera per mezzo del sale con il passare del tempo, formando un liquido che affiora in superficie. Ci voglio circa un paio d'anni perché il liquido sia pronto per essere spillato. Si utilizza il vriale, tipico attrezzo da falegname, per praticare un piccolo foro sotto il terzigno, dal quale comincia a uscire goccia dopo goccia il saporitissimo liquido ambrato, che scendendo attraverso tutti gli strati di pesce e sale, ne raccoglie tutte le proprietà organolettiche. La colatura viene raccolta in un vaso di vetro per circa 18 giorni e poi imbottigliata.
Un consiglio da parte del signor Giordano dell'azienda Nettuno: una volta aperta la bottiglia della colatura, tapparla con un ciuffetto di origano o uno spicchio di aglio e conservarla in dispensa, in questo modo conserverà i sui profumi e accentuerà il sapore.
Tutti questi passaggi andranno a costituire il disciplinare di produzione della colatura, strumento indispensabile per difendersi dai numerosi tentativi di imitazione.
Circa due anni fa è stata costituita un'associazione che ha come presidente Lucia Di Mauro, titolare dell'Azienda Iasa, della quale fanno parte i produttori Nettuno, Delfino e Iasa, tre ristoratori di Cetara (San Pietro, Al Convento, La cianciola) e due armatori Cetaresi (Pappalardo Salvatore e Federmar). L'associazione si prefigge di valorizzare la colatura di alici di Cetara fino al riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta.



Tutto ciò che vi ho raccontato fino ad ora lo potete trovare cercando su goggle colatura di alici. Quello che invece non potete trovare sull'internet è la passione che non solo le persone sopra citate ma tutti gli abitanti di Cetara hanno per questo concentrato di profumi e di sapori marini. La colatura è il mare, il sole, la costiera, le case incastonate nelle rocce, i rami degli alberi carichi di limoni, la fatica, il duro lavoro, il profumo e il sapore che contraddistingue questa incantevole parte dell'Italia. Tutto questo si percepisce nettamente passeggiando per le vie del paese, parlando con le persone che ci vivono, gustando i loro piatti prelibati. Cetara non è famosa come Amalfi o Positano, nonostante il fascino e la bellezza siano le stesse, ma Cetara è il sapore della Costiera, è l'essenza pura del suo mare. 

La mia testimonianza ha un fondamento perché la settimana scorsa ho partecipato con alcuni amici del Calendario del cibo italiano - Pasquale Alberico, Cinzia Cortella, Cristina Galliti e Anna Laura Mattesini,  alla Festa della colatura di alici che ogni anno si tiene a Cetara all'inizio di dicembre, in occasione della spillatura della colatura, ospiti dell'assessore al turismo la vulcanica e appassionata Angela Speranza che ringrazio di cuore per la squisita ospitalità. 
Tra visite alle aziende produttrici e assaggi di piatti e prodotti prelibati, ho imparato a conoscere meglio la colatura che già era presente nella mia cucina. Ho avuto anche una piccola soddisfazione personale vincendo il premio Colatura 2.0 con i Tortelli di patate preparati a quattro mani con la mia Cindystar del corazon, durante la gara gastronomica "Premio Ezio Falcone". 
Troverete tutte le info e il racconto dettagliato del nostro fine settimana nell'articolo pubblicato sul sito del Calendario a questo  indirizzo: https://www.calendariodelciboitaliano.it/2017/12/10/festa-della-colatura-alici-di-cetara/





mercoledì 15 novembre 2017

15 novembre, a Bologna apre FICO


Quando Tonino Guerra cominciò a parlare di frutti dimenticati e dell'idea di creare un orto e un luogo dell'anima dove coltivare le piante e raccontarle al mondo, fu preso per un visionario. Ma come, stiamo per entrare nel terzo millennio e vuoi parlare di frutti dimenticati? Ma per fortuna si! Lui aveva capito che per andare avanti era indispensabile tornare indietro. Solo l'animo sensibile e attento di un poeta poteva arrivare ad una conclusione così incredibile.
Poi è arrivato lui Carlo Petrini, il contadino, figlio di un'ortolana che ci dice che è arrivato il momento di nutrire il pianeta, se non vogliamo soccombere. E dobbiamo farlo salvaguardando le nostre specie autoctone, i nostri animali e le nostre ricette di tradizione. Petrini si inventa Slow Food e il cambiamento verso una nuova consapevolezza alimentare ha inizio.
Ci pensa Oscar Farinetti, grande manager, molto appassionato e capace, a trasformare questo cambiamento in un progetto mondiale che è quello di portare le eccellenze italiane, quelle vere non l'italian sound, in tutti i più grandi paesi del mondo, cominciando proprio dall'Italia, perché siamo noi per primi che dobbiamo essere consapevoli di quello che abbiamo. Siamo una terra con la più grande biodiversità al mondo ed è un dovere per noi salvaguardarla e metterla a disposizione di tutti.

Per questo motivo nasce FICO Eataly World, la più grande fabbrica contadina al mondo. FICO nasce da un'idea di Andrea Segré presidente del CAAB di Bologna di sfruttare uno spazio immenso che non veniva più utilizzato, appunto parte del CAAB. Coinvolge il Comune di Bologna in qualità di proprietario e Farinetti e Tiziana Primori, amministratore delegato di Fico Eataly world, come manager esecutivo del progetto.
E' un progetto ambizioso che si prefigge l'obbiettivo di diventare il punto di riferimento internazionale per tutto ciò che ruota attorno il cibo italiano.

FICO è un luogo dove possiamo nutrire tutti i cinque sensi.
Possiamo osservare perché ci sono oltre due ettari tra stalle con gli allevamenti di suini, bovini e ovini.e orti con le coltivazioni di ortaggi e frutti. Ci sono 40 fabbriche che trasformano le materie prime.
Guardando possiamo imparare. Lo facciamo ascoltando le conferenze e le lectio magistralis, ma anche le esperienze raccontate dai produttori, perché FICO ospita 6 aule didattiche, un teatro e un cinema, un centro congressi e una Fondazione con tre università .
Possiamo soddisfare il gusto assaggiando i prodotti e i cibi cucinati nei 40 bistro, botteghe e mercati, come, ad esempio in ordine sparso i primi piatti della Trattoria di Amerigo, la birra di Baladin, la pizza di Rosso pomodoro, il pesce con i fratelli Raschi del ristorante Guido di Rimini, il pane di grani antichi del Forno Calzolari di Bologna, l'orto con i prodotti di Riccardo Di Pisa e la cucina di Rosarose Bistrot di Bologna, lo chef stellato Enrico Bartolini che ospiterà nel suo ristorante Le soste i suoi colleghi stellati. Ma ci sono anche i chioschi dove assaggiare tre tipi di arrosticini diversi, degustare l'aceto balsamico e il parmigiano reggiano. La macelleria Zivieri di Monzuno ci propone la sua carne proveniente da allevamenti etici e la selvaggina delle nostre montagne.
Possiamo toccare con mano la grandiosità delle nostre eccellenze italiane.
Possiamo annusare e inebriarci dei profumi dei cibi cucinati.
Ma possiamo anche divertirci visitando le 6 giostre dedicate alla terra, al mare, al fuoco, alla bottiglia, all'uomo e gli animali e al futuro. Le giostre sono luoghi magici dove si racconta la storia del cibo italiano. Le giostre sono la Disneyland del cibo raccontato, tra le altre attrattive, dai bellissimi video realizzati dai ragazzi del Centro di cinematografia sperimentale diretto da Maurizio Nichetti. Possiamo divertici giocando a minigolf, in uno spazio coloratissimo che ricorda la nostra Romagna. Possiamo giocare a squash o a beach volley nella spiaggia del Fantini Club di Cervia.
Possiamo pedalare!!! Si perché all'ingresso di FICO è possibile prendere una bellissima bici-carretto e gironzolare facendo spesa e degustando i gustosissimi cibi che il parco offre.

Queste sono solo una minima parte di tutto quello che FICO offre.
FICO è collegato da navette che partono dalla Stazione ferroviaria di Bologna.
Oggi vi aspetta numerosi dalle 16.30 alle 24 in Via Paolo Canali a Bologna.